Appendice p.534

SANTA FAMIGLIA DI GESÙ,
MARIA E GIUSEPPE

 

Dagli scritti del servo di Dio Giacomo Alberione, sacer­dote

(«Feste di Maria», EP, pp. 27-32)

La santa Famiglia, modello di tutte le famiglie

Leone XIII ha dichiarato: « Non conviene forse celebrare la nascita regale del Figlio del Padre supremo? Non for­se la casa di David, e i nomi gloriosi di questa antica stirpe? È più dolce per noi ricordare la piccola casa di Nazareth e l’umile esistenza che vi si conduce: è più dol­ce celebrare la vita oscura di Gesù. Lì il fanciullo divino imparò l’umile mestiere di Giuseppe, e nell’ombra creb­be e fu felice di essere a lui compagno nei lavori di fale­gname. Il sudore, egli dice, scorra sulle mie membra, prima che le bagni il sangue; che questa fatica del lavoro serva di espiazione per il genere umano. Vicino al divino fanciullo è la tenera madre; vicino allo sposo è la sposa devota, felice di poter sollevare le pene agli affaticati con cura affettuosa». Il Figlio di Dio volle dare principio all’opera restaurando la famiglia, base della società, e lo fece prima di tutto con l’esempio. Nella famiglia v’è il germe della società civile. Salvata la famiglia, è salvata la società.

Possiamo ricostruire, in qualche modo, il genere di vita che caratterizzava la santa Famiglia di Nazareth. Era la vita di una povera famiglia operaia che tanto amava il lavoro; gentile, piena di amabilità con tutti; lontana dal­lo spirito del mondo; spirante il profumo di un’intensa pietà. L’unica cosa che differenziava quella famiglia dal­le altre di simile condizione sociale, era: una singolare distinzione di tratto nei suoi membri, proveniente e ri­flesso di quell’abbondanza di grazia di cui erano pene­trate quelle tre persone santissime. Là vi era una pace inalterabile, che costituiva il più bell’ornamento di quel santo focolare domestico. Là una prontezza nel soccor­rere con il consiglio e con l’opera gli indigenti. Là vi era una puntualità esemplare nell’adempiere quanto riguar­dava il culto del Signore e la preghiera. Nessuno può, però, penetrare nei profondi-misteri che si svolgevano e nelle aspirazioni che dominavano i tre abitatori di quelle povere mura. Giuseppe e Maria dovevano tenere come celato sotto la loro ombra, fino all’ora segnata da Dio, il Salvatore del mondo. Intanto compivano il grande apo­stolato: preparavano la vittima per il grande sacrificio; il maestro unico per l’umanità; il sacerdote secondo l’or­dine di Melchisedech. Maria si occupava dei lavori fem­minili, propri delle donne della sua condizione. Triade terrena; che rappresentava la vita della Trinità santissi­ma del cielo.

Maria rappresentava specialmente la purezza, Colà esi­steva una intimità conveniente tra persone così alte per posizione; unità di pensiero, di volere, di sentire. Là si comandava senza orgoglio, si obbediva senza tristezza. Tutto era degno, tutto proporzionato alla missione di quelle santissime Persone…
La Provvidenza stabilì così nel suo disegno pieno di bon­tà, perché tutti i cristiani, di qualsiasi condizione o pa­tria, possano facilmente, se riguardano con attenzione la santa Famiglia, avere e l’esempio di ogni virtù e un invi­to a praticarle.
I padri di famiglia hanno sicuramente, in Giuseppe, un modello ammirabile della vigilanza e sollecitudine paterna; le madri hanno nella vergine Madre di Dio un esempio insigne di amore, di rispetto modesto e della sottomissione di un’anima di fede perfetta; i fi­gli di famiglia hanno, in Gesù, sottomesso ai suoi ge­nitori, un esempio di obbedienza da ammirare, onora­re, imitare.
Quelli che sono nati nobili, apprenderanno, da questa fa­miglia di sangue reale, a conservare la moderazione nel­la prosperità e la dignità nelle afflizioni; i ricchi ricono­sceranno a questa scuola quanto siano da stimarsi meno le ricchezze che le virtù.
Agli operai e a tutti quelli che soffrono tanto per le an­gustie del sostegno di una famiglia e di una condizione povera, se guardano ai membri santissimi di questa so­cietà domestica, non mancherà loro né motivo né occa­sione di rallegrarsi della sorte loro toccata piuttosto che di rattristarsene.
Difatti le fatiche sono ad essi comuni con la santa Fami­glia, e comuni con essa le cure della vita quotidiana: an­che Giuseppe dovette provvedere, guadagnandosi il pa­ne, al sostentamento dei suoi; e anzi, le stesse mani divi­ne si esercitarono al lavoro di un’arte meccanica. Non è dunque a stupire se uomini sapientissimi, aventi copiose ricchezze, abbiano voluto rinunciarvi per sce­gliere la povertà e trovarsi uniti con Gesù, Maria e Giu­seppe.
Le famiglie devono nascere da unione santa, saggia, stretta con intenzioni cristiane. Si ritengano i figli come una benedizione di Dio che copre la famiglia; e si educhi­no con sapienza, con affetto, con vigilanza, con l’esem­pio.
Si sopportino i difetti l’uno dell’altro ed i pesi inerenti alla vita. Si conservino il decoro, il risparmio, la mode­razione.
Si consideri sempre la vita come una preparazione all’e­ternità.

 

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