Appendice p.486

ANNUNCIAZIONE DEL SIGNORE

 

Dagli scritti del servo di Dio Giacomo Alberione, sacer­dote

(«Feste di Maria», EP, pp. 52-57)

Amiamo e veneriamo la divina Maternità

 

«L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea chiamata Nazareth, ad una vergine promessa sposa ad un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei l’angelo disse: Ti saluto o piena di grazia; il Signore è con te. A queste parole ella rimase turbata e si domanda­va che senso avesse un tale saluto. L’angelo le disse: Non temere, Maria, poiché hai trovato grazia presso Dio. Ec­co concepirai e partorirai un figlio e gli porrai nome Ge­sù» (Lc 1,26-31).
Questo il tratto della celeste ambasciata. Essa deve dirsi la più grande e più solenne che sia compiuta sulla terra; poiché chi manda è la SS. Trinità; il messaggero è un principe della corte celeste, il cui nome suona «forza di Dio»; la persona cui l’ambasciata è diretta è Maria Ss.; il fine poi, per cui Dio manda, è quello di redimere l’uma­nità intera.
Nel momento stesso in cui la vergine diede alle parole dell’angelo il suo assenso, il Figlio di Dio, per opera del­lo Spirito Santo, si incarnò nel seno purissimo di lei; e così ebbe principio la salvezza del genere umano. Ecco l’oggetto della festa: oggetto che si può dire dupli­ce, perché si riferisce a due grandi misteri che sono: l’In­carnazione del Verbo nel seno di Maria e la divina ma­ternità dell’umilissima vergine Maria. «Io ti saluto, esclama san Gregorio Taumaturgo, tempio del Dio vivente; perché tu darai alla luce la suprema gioia del mondo: sarai la gloria delle vergini, il giubilo delle madri».
Era preparata e divinamente adorna la casa in cui dove­va abitare Colui che né il cielo, né la terra possono con­tenere.
«Maria, commenta san Pier Crisologo, è piena di quella grazia che diede gloria al Paradiso, Dio alla terra, la fede alle genti, la morte ai vizi, l’ordine alla vita, una regola ai costumi». E sant’Agostino: «Maria è ripiena di grazia, Eva è mondata dalla sua colpa; la maledizione di Eva si cambiò nella benedizione di Maria».
San Bernardo dice: «La meravigliosa Incarnazione del Verbo è un mistero che la SS. Trinità ha voluto operare da Se stessa in Maria: sola e con Maria sola. Solo alla beata Vergine fu dato a comprendere quello che ella do­veva provare».
Nel giorno dell’Incarnazione il cielo cominciò a riguar­dare benignamente la terra, l’uomo poté sollevare il ca­po e il demonio cominciò a tremare perché la preda sta­va per sfuggirgli.
Quali punti ricavare da questa solennità?
1) La dignità della Vergine, per essere stata scelta a dive­nire la Madre del Figlio di Dio, ha dell’infinito; poiché, come dice sant’Agostino, «nessuna creatura uguaglia Maria». La divina Maternità, in lei, spiega tutte le grazie e tutti i privilegi che le furono accordati, come spiega la sua sovranità nel cielo e sulla terra. «L’eccellenza infini­ta del frutto, dice sant’Alberto Magno, è l’indizio di una certa eccellenza infinita nell’albero; e qui è il Figlio che comunica, senza misura, questa eccellenza a sua Ma­dre».
2) Ammiriamo le grandi virtù di Maria; e congratuliamo­ci con lei per l’alto onore che le ha fatto il Signore, vene­riamola profondamente. Ringraziamola pure del grande contributo che ella portò all’opera della Redenzione; e, nel tempo stesso, animiamoci alla più grande confidenza e devozione verso di lei.
3) L’annunzio dell’angelo Gabriele a Maria SS. è ricorda­to da Dante come il più grande avvenimento che decise la salvezza del genere umano:
«L’angelo che venne in terra col decreto della molt’anni lacrimata pace, che aperse il ciel dal suo lungo divieto» (Purg. X, 34-36). Il poeta, rifacendosi al testo di san Luca (1,26-28), accen­na precisamente all’annunzio della nascita del Salvato­re, sospirata da sì lungo tempo. Dice «lacrimata pace» quella che si compì tra Dio e l’uomo e che fu implorata con lacrime. Questa pace aprì agli uomini il cielo che era stato ad essi chiuso, per il peccato di Adamo, fino alla morte di Gesù Cristo, prima della quale «spiriti umani non eran salvati» (Inf. IV, 63).
Ed è quello che dice san Tommaso; «Per il peccato era chiuso all’uomo l’ingresso del regno del cielo… prima della passione di Gesù Cristo nessuno poteva entrare nel celeste regno».
4) L’«Angelus Domini» ricorda il beneficio dell’Incarna­zione. Il pontefice Urbano II, nel concilio tenuto a Clermont nell’anno 1095, stabilì che ogni giorno si suonasse­ro le campane al mattino, al mezzodì e alla sera; e che ogni volta si recitasse la «salutazione angelica». Lo sco­po del Pontefice fu quello di indurre i fedeli a lodare e ringraziare Dio del beneficio dell’Incarnazione.

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